
" La Favata sarda (faada, fae e lardu) è un piatto, molto antico, e gli storici, finora, non sono riusciti a tracciarne i natali e l’evoluzione. ...
E’ il sapore intenso e unico della portata, che gli ha permesso di giungere intatta fino a noi.
Citazioni sulla preparazione si possono ritrovare nell’antica polenta chiamata da Plinio il Vecchio “puls fabata”, della quale si alimentavano gli Etruschi, e ricavata dalla cottura delle fave ridotte a purea, condita con lardo, carne e verdure. La si preparava e offriva il 1° Giugno alla dea Carna, protettrice delle carni e degli organi interni dell’uomo.
Anche Apicio ci ha lasciato ricette simili alla favata e in quella chiamata: Conciclam Apicianam (fave alla maniera di Apicio): “Prendi una pentola di Cuma pulita in cui fai cuocere le fave. Aggiungi Lucanica a tocchetti, polpettine di maiale e spalla. Pesta: pepe, ligustico, origano aneto, una cipolla secca, coriandolo fresco; tempera col garum e lavora con vino e garum. Versa nel tegame di Cuma e aggiungi l’olio. Fai cuocere a fuoco lento fino alla bollitura e servi.”
La favata e il consumo in maniera solenne e di festa, potrebbe essere un piatto rituale come il banchetto funebre del “refrigerium”, speciale rito cristiano, dalle origini molto più antiche e cioè da quando i pagani costruivano accanto alle tombe, una cella per i banchetti funebri, da celebrare negli anniversari dei defunti. Si onorava la memoria del defunto e si cercava di ottenere una intercessione presso gli dei. "
Testi di Giovanni Fancello tratti dal sito www.taccuinistorici.it
Menù:
aperitivo davanti al camino della barchessa
Antipasto:
salsicce, pancetta e gola
patate ripiene al forno con pasta di salsicce.
Secondo:
misto di carne di maiale, in abbinamento fave, patate e verza.
Dolce:
zeppole
Vini:
vermentino Balari frizzante cantina Monti
Cannonau riserva cantina Jerzu
caffe, mirto o filu e ferru.
Costo della cena €.30.00
si accettano prenotazioni solo telefoniche